John Florio : un Shakespeare transculturel au cœur de l’Europe

  Cette  thèse avait fait l’objet d’une rencontre en février 2016   au Pen club français  avec le partenariat de l’ODC et  dont vous pourrez  trouver le lien ici. La revoici de nouveau  introduite dans les pages de la revue altritaliani.net  par Giuseppe Samona  qui commente  une table ronde qui aura lieu au  Théâtre de la Cité internationale, le 27 octobre 2018 de 11h à 13h, Bd Jourdan 75014 Paris.Les participants sont  Daniel BOUGNOUX, Jean-Patrick CONNERADE, Catherine LISAK, Christine RAVAT-FARENC, Lamberto TASSINARI. Cette table ronde   conclut le colloque de l’ European Association for the Study of Theater and Performance (Décentrer notre vision de l’Europe : l’émergence de nouvelles formes) qui se tient du 25 au 27 octobre au Théâtre de la Cité internationale.

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È un titolo – quello di questa tavola rotonda – ricco: dice ovviamente della plurisecolare questione dell’identità del genio di Stradford; dice appunto che non si tratterebbe affatto dell’Inglese di Stradford, figura del resto ufficialmente fragile, vuota, e che non ha mai fatto l’unanimità degli shakespeariani, ma di un Inglese immigrato, italiano ed ebreo, poi protestante; e dice soprattutto che questo “svelamento” rivela al di là delle mitologiche letterature nazionali, un’Europa di scambi e métissages, profondamente transculturale: il che, in questa nostra cupa epoca dei nazionalismi di ritorno, e a pochi mesi dalle elezioni europee, ha anche, di per sé, un significato politico.

Va detto infine che questo titolo, con tutto quel che c’è dietro, rimanda essenzialmente alle ricerche di Lamberto Tassinari, uno degli intervenants della tavola rotonda, che nel febbraio 2016 ha pubblicato in Francia la più completa versione del suo lavoro, a sostegno appunto dell’identità floriana di Shakespeare (John Florio alias Shakespeare…)Su questo giornale ne avevamo già parlato sette anni fa, quando l’edizione francese ancora non esisteva neanche in idea. Riproporre oggi quell’articolo significa da un lato fornire al lettore curioso ma ignaro, e magari interessato per la tavola rotonda, un breve riassunto, ancora valido, della problematica; dall’altro, permette a chi ha seguito da vicino il dibattito, di misurare quanti incredibili eventi siano accaduti in questo quasi decennio: nel 2010 il nome di Florio costituiva quasi un hapax negli studi shakespeariani, e Tassinari, che aveva pubblicato a conto d’autore le sue ricerche in italiano e in inglese, sembrava un ostinato Don Chisciotte, dileggiato o peggio ancora ignorato dagli specialisti e dai media. Oggi, soprattutto dopo l’edizione francese e il dibattito che ne è seguito, il nome di Florio circola fra gli studiosi che comunque, anche quando non sposano l’ipotesi dell’identificazione, gli riconoscono un ruolo importante nell’opera di Shakespeare – e l’ipotesi di Tassinari ha guadagnato molti, e autorevoli, consensi.

La lingua della tavola rotonda sarà principalmente il francese, perché siamo in Francia, ma anche perché come vedrà chi assisterà alla tavola rotonda, o leggerà il libro, esiste una relazione profonda fra Montaigne e Shakespeare-Florio. Sarà anche, per ovvi motivi, l’inglese, cioè la lingua dei capolovori shakespeariani – e sarà infine l’italiano, nascosto dietro di questa. Se poi ho scelto di segnalare la tavola rotonda, e riesumare quel lontano articolo, proprio in italiano è perché, nel quadro mutato di cui dicevo, un solo elemento è rimasto come immobile, e per motivi solo in parte evidenti: oggi – sia pur fra mille difficoltà e resistenze – si discute dell’ipotesi Florio, o comunque del suo apporto all’universo di Shakespeare, nel mondo francofono come in quello anglofono, dal Canada alla Francia – l’Italia, che pur ha dato i natali a Michelangelo Florio, padre di John, e che taceva all’inizio delle ricerche di Tassinari, continua a tacere, e a ignorarlo tout court.

Est-il possible que la question de l’identité de Shakespeare déborde le cadre strictement littéraire pour devenir une interrogation politique aux implications sociologiquement profondes ? C’est possible et souhaitable, car la fabrication du grand écrivain national a été la préoccupation primordiale du pouvoir étatique en Europe entre les 17e et 19e siècles. Si l’Angleterre a été précédée dans cette démarche par la France et l’Espagne, elle a toutefois réussi, avec Shakespeare, à accomplir la fabrication du plus grand et puissant mythe national moderne. Aujourd’hui, décentrer le mythe de Stratford vers l’Europe revient à transformer un dogme colonisateur en un extraordinaire outil de libération culturelle. Nous toucherons à tous les aspects importants de cette étonnante mythologie, mais il ne s’agira que d’un début.

 

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